lunedì 8 ottobre 2012
domenica 7 ottobre 2012
LA RIVOLUZIONE NEOLITICA E LA NASCITA DELL'AGRICOLTURA
La cosiddetta "Mezzaluna fertile" e la diffusione dell'agricoltura in Europa:
La diffusione dell'agricoltura nel mondo:
giovedì 4 ottobre 2012
COMUNI, CORPORAZIONI, RIPRESA DEI COMMERCI
La nascita dei Comuni: clicca qui per vedere la presentazione ppt (per motivi tecnici a me ignoti non riesco ad inserire correttamente la presentazione)
mercoledì 26 settembre 2012
UN PO' DI LETTERATURA MEDIEVALE
1. La Rota Virgilii,
che serve ad esemplificare le differenze tra i "tre stili", Grave (o Sublime), Medio e Umile, indicando per quali argomenti (personaggi, oggetti, animali...) sia adatto ciascuno di essi.
2. Bestiari, lapidari ed erbari
Notate la presenza di animali mostruosi e fantastici accanto ad animali realmente esistenti e comuni.

3. Un exemplum medievale tratto tratto dal Dialogus miraculorum del monaco cistercense Cesario di Heisterbach († 1240)
La storia di Gerardo (traduzione dall'originale latino).
In una città chiamata Holenbach abitava un cavaliere di nome Gerardo: i suoi nipoti vivono ancora e nessuno ignora in quella città il miracolo che mi accingo a narrarvi. Gerardo dunque aveva un amore così ardente per san Tommaso apostolo, e lo venerava così specialmente sopra tutti gli altri santi, che non rifiutava l'elemosina a nessun povero, purché la chiedesse in suo nome. Usava anche prestare a quel santo in privato molte attenzioni, come preghiere, digiuni e messe.
Un giorno, col permesso di Dio, il diavolo, che odia ogni bene, bussò alla porta del cavaliere travestito da pellegrino, e chiese ospitalità in nome di san Tommaso. Senza indugio fu introdotto, e poiché faceva un gran freddo e il diavolo fingeva di rabbrividire, Gerardo gli diede la sua bella cappa foderata di pelliccia, perché si ricoprisse durante il sonno. Ma al mattino, non comparendo il falso pellegrino e non ritrovandosi la cappa, nonostante le ricerche più attente, la moglie disse al marito piena d'ira; «Sei già stato ingannato parecchie volte da questi viandanti, e non hai ancora smesso con le tue superstizioni!». Al che Gerardo tranquillo replicò: «Non turbarti, san Tommaso ci ripagherà bene di questo danno». Il diavolo aveva trovato questa via per indurre il cavaliere all'impazienza per la perdita della cappa, e per spegnere nel suo cuore l'amore per l'apostolo Tommaso. Ma ciò che il diavolo aveva preparato per la rovina del cavaliere, ridondò poi a sua gloria: egli diventò più accesamente devoto, e il diavolo fu confuso e punito.
Poco tempo dopo infatti, volendo Gerardo fare un pellegrinaggio al santuario di san Tommaso, sul punto di partire, spezzò un anello d'oro in due parti sotto gli occhi della moglie, e davanti a lei mostrò come esse combaciavano perfettamente; poi gliene diede una e tenne l'altra, dicendo: «Presta fede a questo segno di riconoscimento. Ti chiedo di aspettare cinque anni il mio ritorno, dopo sposa pure chi vuoi». La donna promise. Egli con un lunghissimo viaggio, con grandi spese e indicibili stenti giunse alla fine alla città di san Tommaso apostolo. Lì fu accolto con grandissimo onore dagli abitanti e sostentato con tanta carità come se fosse un loro concittadino, noto da gran tempo. Egli, attribuendo al beato apostolo questo miracolo, entrò nel suo santuario e pregò, mettendo sotto la sua protezione se stesso, la moglie e tutti i suoi beni. Ma ricordandosi all'improvviso del termine fissato al suo ritorno, e riflettendo che in quello stesso giorno spirava il quinquennio, disse con un gemito: «Ohimè, tra poco mia moglie si risposerà!». Dio aveva reso più lungo il suo viaggio per realizzare il miracolo che sentirete. Guardandosi attorno tristemente, egli vide passeggiare con la sua cappa il demonio di cui si diceva all'inizio della storia. Questi chiese: «Mi conosci, Gerardo?». «Non riconosco te – rispose il cavaliere – ma la mia cappa!». E quell'altro: «Io sono quello che in nome dell'Apostolo ti chiesi albergo e ti rubai la cappa, e perciò sono stato punito gravemente». E proseguì: «Io sono il diavolo, e mi è stato ordinato di trasportarti a casa prima che la gente vada a dormire. Tua moglie infatti si è già sposata a un altro uomo, e già siede con lui al banchetto di nozze». Lo prese e in quel che restava di tempo prima della notte lo trasportò dall'India in Germania, dall'Oriente in Occidente, e verso il crepuscolo lo depose sano e salvo nel suo palazzo.
Gerardo, entrando in casa sua come uno straniero, avendo scorta la moglie a banchetto col suo sposo, si avvicinò, e sotto i suoi occhi gettò in una coppa una metà dell'anello; poi si scostò. Non appena vide questo gesto, ella estrasse la parte dell'anello, e accostatolo alla metà che le era stata lasciata, riconobbe che quello straniero era suo marito. Sùbito, balzata in piedi, si gettò tra le sue braccia, gridando che quello era suo marito, Gerardo, e congedò il novello sposo. Ma Gerardo per quella sera lo pregò di trattenersi a banchetto perché non fosse disonorato.
3. Un exemplum medievale tratto tratto dal Dialogus miraculorum del monaco cistercense Cesario di Heisterbach († 1240)
La storia di Gerardo (traduzione dall'originale latino).
In una città chiamata Holenbach abitava un cavaliere di nome Gerardo: i suoi nipoti vivono ancora e nessuno ignora in quella città il miracolo che mi accingo a narrarvi. Gerardo dunque aveva un amore così ardente per san Tommaso apostolo, e lo venerava così specialmente sopra tutti gli altri santi, che non rifiutava l'elemosina a nessun povero, purché la chiedesse in suo nome. Usava anche prestare a quel santo in privato molte attenzioni, come preghiere, digiuni e messe.
Un giorno, col permesso di Dio, il diavolo, che odia ogni bene, bussò alla porta del cavaliere travestito da pellegrino, e chiese ospitalità in nome di san Tommaso. Senza indugio fu introdotto, e poiché faceva un gran freddo e il diavolo fingeva di rabbrividire, Gerardo gli diede la sua bella cappa foderata di pelliccia, perché si ricoprisse durante il sonno. Ma al mattino, non comparendo il falso pellegrino e non ritrovandosi la cappa, nonostante le ricerche più attente, la moglie disse al marito piena d'ira; «Sei già stato ingannato parecchie volte da questi viandanti, e non hai ancora smesso con le tue superstizioni!». Al che Gerardo tranquillo replicò: «Non turbarti, san Tommaso ci ripagherà bene di questo danno». Il diavolo aveva trovato questa via per indurre il cavaliere all'impazienza per la perdita della cappa, e per spegnere nel suo cuore l'amore per l'apostolo Tommaso. Ma ciò che il diavolo aveva preparato per la rovina del cavaliere, ridondò poi a sua gloria: egli diventò più accesamente devoto, e il diavolo fu confuso e punito.
Poco tempo dopo infatti, volendo Gerardo fare un pellegrinaggio al santuario di san Tommaso, sul punto di partire, spezzò un anello d'oro in due parti sotto gli occhi della moglie, e davanti a lei mostrò come esse combaciavano perfettamente; poi gliene diede una e tenne l'altra, dicendo: «Presta fede a questo segno di riconoscimento. Ti chiedo di aspettare cinque anni il mio ritorno, dopo sposa pure chi vuoi». La donna promise. Egli con un lunghissimo viaggio, con grandi spese e indicibili stenti giunse alla fine alla città di san Tommaso apostolo. Lì fu accolto con grandissimo onore dagli abitanti e sostentato con tanta carità come se fosse un loro concittadino, noto da gran tempo. Egli, attribuendo al beato apostolo questo miracolo, entrò nel suo santuario e pregò, mettendo sotto la sua protezione se stesso, la moglie e tutti i suoi beni. Ma ricordandosi all'improvviso del termine fissato al suo ritorno, e riflettendo che in quello stesso giorno spirava il quinquennio, disse con un gemito: «Ohimè, tra poco mia moglie si risposerà!». Dio aveva reso più lungo il suo viaggio per realizzare il miracolo che sentirete. Guardandosi attorno tristemente, egli vide passeggiare con la sua cappa il demonio di cui si diceva all'inizio della storia. Questi chiese: «Mi conosci, Gerardo?». «Non riconosco te – rispose il cavaliere – ma la mia cappa!». E quell'altro: «Io sono quello che in nome dell'Apostolo ti chiesi albergo e ti rubai la cappa, e perciò sono stato punito gravemente». E proseguì: «Io sono il diavolo, e mi è stato ordinato di trasportarti a casa prima che la gente vada a dormire. Tua moglie infatti si è già sposata a un altro uomo, e già siede con lui al banchetto di nozze». Lo prese e in quel che restava di tempo prima della notte lo trasportò dall'India in Germania, dall'Oriente in Occidente, e verso il crepuscolo lo depose sano e salvo nel suo palazzo.
Gerardo, entrando in casa sua come uno straniero, avendo scorta la moglie a banchetto col suo sposo, si avvicinò, e sotto i suoi occhi gettò in una coppa una metà dell'anello; poi si scostò. Non appena vide questo gesto, ella estrasse la parte dell'anello, e accostatolo alla metà che le era stata lasciata, riconobbe che quello straniero era suo marito. Sùbito, balzata in piedi, si gettò tra le sue braccia, gridando che quello era suo marito, Gerardo, e congedò il novello sposo. Ma Gerardo per quella sera lo pregò di trattenersi a banchetto perché non fosse disonorato.
4. Uno dei componimenti goliardici tratti dai Carmina Burana, raccolta di testi poetici del XIII
secolo, contenuta in un manoscritto tedesco chiamato appunto Codex
Buranus, conservato in un monastero benedettino nei pressi di Monaco di
Baviera. I Carmina Burana sono 315 canti composti dai goliardi (studenti
universitari), tra il XII e il XIII secolo, parte in latino, parte in
tedesco; probabilmente all’origine prevedevano tutti l’accompagnamento
musicale, anche se a noi sono pervenute indicazioni precise solo in
alcuni casi. Nel 1937 alcuni di essi furono musicati dal compositore tedesco Carl Orff, che però non seguì le indicazioni della notazione musicale originale (puoi ascoltare qui la versione cantata del testo che segue).
In taberna quando sumus, | Quando siamo alla taverna |
non curamus quid sit humus, | non ci interessa nient'altro |
sed ad ludum properamus, | ma ci dedichiamo al gioco |
cui semper insudamus. | per il quale andiamo matti. |
Quid agatur in taberna, | Quello che succede alla taverna |
ubi nummus est pincerna, | dove il soldo è allegria |
hoc est opus ut quaeratur, | questo sì che è interessante |
si quid loquar, audiatur. | state a sentire: |
Quidam ludunt, quidam bibunt, | C'e chi gioca, c'è chi beve, |
quidam indiscrete vivunt. | c'è chi vive indecentemente, |
Sed in ludo qui morantur, | E quelli che muoino per il gioco |
ex his quidam denudantur; | e perdono anche i vestiti. |
quidam ibi vestiuntur, | Qualcuno ne esce rivestito, |
quidam saccis induuntur. | e qualcuno rivestito di sacco, |
Ibi nullus timet mortem | qui nessun teme la morte, |
sed pro Baccho mittunt sortem : | ma per Bacco sfida la sorte . |
primo pro nummata vini. | Prima si beve alla salute di chi paga; |
Ex hac bibunt libertini; | poi beve il libertino |
semel bibunt pro captivis, | un bicchere per i carcerati |
post haec bibunt ter pro vivis, | e poi tre per quelli vivi, |
quater pro christianis cunctis, | quattro per i cristiani |
quinquies pro fidelibus defunctis, | cinque per i fedeli defunti; |
sexies pro sororibus vanis, | sei per le brave donne, |
septies pro militibus silvanis, | sette per i militari; |
octies pro fratribus perversis, | otto per i fratelli traviati, |
novies pro monachis dispersis, | nove per i monaci dispersi, |
decies pro navigantibus, | dieci per i naviganti, |
undecies pro discordantibus, | undici per i litiganti |
duodecies pro poenitentibus, | didici per i penitenti, |
tredecies pro iter agentibus. | tredici per i viaggiatori; |
Tam pro papa quam pro rege | Per il papa e per il re |
bibunt omnes sine lege. | bevono tutti senza freni. |
Bibit hera, bibit herus, | Beve quello e beve quella, |
bibit miles, bibit clerus, | beve il soldato e il prete, |
bibit ille, bibit illa, | beve lui, beve lei, |
bibit servus cum ancilla, | beve il servo con l'ancella, |
bibit velox, bibit piger, | beve il veloce, beve il pigro, |
bibit albus, bibit niger, | beve il bianco e beve il nero, |
bibit constans, bibit vagus, | beve il costante, beve il vago, |
bibit rudis, bibit magus, | beve il rozzo, beve il mago, |
bibit pauper et aegrotus, | beve il povero e il malato, |
bibit exul et ignotus, | beve l'esule e l'ignorato, |
bibit puer, bibit canus, | beve il bimbo, beve l'anziano, |
bibit praesul et decanus, | beve il vescovo e il decano, |
bibit soror, bibit frater, | beve la sorella e il fratello, |
bibit anus, bibit mater, | beve la nonna, beve la mamma, |
bibit ista, bibit ille, | beve questo, beve quello, |
bibunt centum, bibunt mille. | bevon cento, bevon mille. |
Parum centum sex nummatae | I soldi durano poco |
durant, ubi immoderate | se immoderatamente |
bibunt omnes sine meta, | tutti bevono senza limite, |
quamvis bibant mente laeta. | ciascun obeve a mente lieta. |
Sic nos rodunt omnes gentes, | Perciò l'oste ci spenna |
et sic erimus egentes. | e noi siamo sempre al verde |
Qui nos rodunt confundantur, | Chi ci tratta così male |
et cum iustis non scribantur. | non sia scritto nel libro dei giusti!. |
I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE
842, I Giuramenti di Strasburgo: è il primo documento ufficiale in cui accanto al latino è
presente la lingua volgare. L’occasione è data dall’incontro tra l’esercito
franco comandato da .I due nipoti di
Carlo Magno, Carlo il Calvo e suo fratello
Ludovico il Germanico, si ritrovano nella città dell’Alsazia per stringere alleanza
contro il primogenito Lotario. La decisione di accantonare il latino, a
favore delle due lingue volgari parlate dagli eserciti affinché essi possano comprendere il giuramento ed esserne testimoni, porta Ludovico il
Germanico a pronunciare il giuramento in romana lingua - una parlata
di base francese o franco-provenzale comprensibile agli uomini di Carlo,
provenienti dalle varie regioni del suo dominio -, e il secondo in
lingua teudisca, identificata con una varietà del francone renano.
"E dopo che Carlo ebbe ripetuto le
medesime dichiarazioni in lingua romanica, Ludovico, in
quanto maggiore d’età, per primo giurò osservanza al patto,
in questi termini:
“Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d’ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.”
“Pro Deo amur et pro christian poblo et nostro commun salvament, d’ist di in avant, in quant Deus savir et podir me dunat, si salvarai eo cist meon fradre Karlo et in aiudha et in cadhuna cosa, si cum om per dreit son fradra salvar dift, in o quid il mi altresi fazet et ab Ludher nul plaid nunquam prindrai, qui, meon vol, cist meon fradre Karle in damno sit.”
Quando Ludovico ebbe terminato,
Carlo ripeté alla lettera il medesimo giuramento in lingua
tedesca, in questi termini:
“In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got gewizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soso man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the minan willon, imo ce scadhen werdhen.”
“In Godes minna ind in thes christianes folches ind unser bedhero gehaltnissi, fon thesemo dage frammordes, so fram so mir Got gewizci indi mahd furgibit, so haldih thesan minan bruodher, soso man mit rehtu sinan bruher scal, in thiu thaz er mig so sama duo, indi mit Ludheren in nohheiniu thing ne gegango, the minan willon, imo ce scadhen werdhen.”
Il giuramento che poi prestò il
popolo dell’uno e dell’altro, ciascuno nella propria lingua,
in lingua romanica suona così:
“Si Lodhuvigs sagrament que san fradre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l’ostanit, si io returnar non l’int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuwig nun li iu er”.
“Si Lodhuvigs sagrament que san fradre Karlo jurat conservat et Karlus, meos sendra, de suo part non l’ostanit, si io returnar non l’int pois, ne io ne neuls cui eo returnar int pois, in nulla aiudha contra Lodhuwig nun li iu er”.
E in lingua tedesca:
“Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuwige gesuor geleistit, indi Ludhuwig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es irwenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es irwenden mag, widhar Karle imo ce follusti ne wirdhit”.
“Oba Karl then eid then er sinemo bruodher Ludhuwige gesuor geleistit, indi Ludhuwig, min herro, then er imo gesuor forbrihchit, ob ih inan es irwenden ne mag, noh ih noh thero nohhein, then ih es irwenden mag, widhar Karle imo ce follusti ne wirdhit”.
I PRIMI DOCUMENTI IN VOLGARE IN ITALIA:
Fine VIII sec. - inizio IX sec.: L'Indovinello veronese
Riportato a margine di un codice più antico, e la descrizione
dell'atto dello scrivere da parte dello stesso amanuense. Si tratta di
un indovinello comune alla letteratura tardo-latina. Alcuni studiosi lo ritengono non il primo documento del volgare italiano, bensì la testimonianza di una fase precedente del passaggio dal latino volgare al volgare italiano.
Trascrizione diplomatica
1 ✝ separebabouesalbaprataliaaraba & albouersorioteneba & negrosemen
2 seminaba
3 ✝ gratiastibiagimusomnip(oten)ssempiterned(eu)s
Interpretazione
Se pareba boves, alba pratàlia aràba
et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba
Traduzione
Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati,
e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava
1 ✝ separebabouesalbaprataliaaraba & albouersorioteneba & negrosemen
2 seminaba
3 ✝ gratiastibiagimusomnip(oten)ssempiterned(eu)s
Interpretazione
Se pareba boves, alba pratàlia aràba
et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba
Traduzione
Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati,
e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava
960, il Placito Capuano:
Fa parte dei quattro placiti cassinesi, ossia quattro testimonianze giurate, registrate tra il 960 e il 963, sull'appartenenza di certe terre ai monasteri benedettini di Capua, Sessa Aurunca e Teano sono i primi documenti di volgare napoletano scritti in un linguaggio che vuol essere ufficiale e dotto. Riguardava una lite sui confini di proprietà tra il monastero di Montecassino
e un piccolo feudatario locale. Con questo
documento tre testimoni deposero a favore
dei Benedettini.
"So che quelle terre, con quei confini che qui si descrivono, le possedette trenta anni l'ordine di San Benedetto"
Mentre il testo della sentenza è scritto in latino, lingua ufficiale dei documenti e delle cancellerie, le testimonianze sono riportate nella lingua volgare parlata dai testimoni. Possiamo dunque rilevare la consapevolezza, da parte dei compilatori, dell'esistenza di una lingua dell'uso quotidiano ormai completamente distinta dal latino.
XI sec, Iscrizione degli affreschi di San Clemente (Roma).
Negli affreschi della basilica Inferiore di San Clemente sono raffigurati alcuni miracoli attribuiti al santo In uno di essi è raccontata la leggenda miracolistica del prefetto Sisinnio, il quale, arrabbiato a causa della conversione della propria moglie Teodora, la seguì con alcuni soldati; quando la trovò in una sala mentre assisteva ad una messa celebrata da Clemente,ordinò il suo arresto, ma Dio non lo permise accecando Sisinnio e i soldati. Il prefetto restò cieco fino al suo ritorno a casa. La parte dell'affresco che ci interessa appresenta il patrizio Sisinnio nell’atto di ordinare ai suoi servi (Gosmario, Albertello e Carboncello) di legare e trascinare san Clemente il quale, nel frattempo, si è trasformato in una colonna di marmo. Si leggono, a mo’ di fumetto, queste espressioni (la cui attribuzione ai singoli personaggi è fortemente discussa). Questa è la proposta più condivisa:
Sisinium: «Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!»
San Clemente: «Duritiam cordis vestris, saxa traere meruistis».
Traduzione:
Sisinnio: «Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate! Carvoncello, spingi da dietro con il palo»
Clemente: «A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi».
Anche in questo caso convivono il volgare (con chiare influenze romanesche) parlato dai servi di Sisinnio con il latino (lingua dotta e della Chiesa) parlato dal Santo.
lunedì 23 aprile 2012
L'ellenismo
Qualche suggerimento per approfondire lo studio dell'ellenismo (fatto usato un utile webtool che permette di catalogare i propri links, Bagtheweb).
sabato 14 aprile 2012
Il Monachesimo
Per capirci, quando parliamo degli albori del monachesimo...
Come il pittore Beato Angelico (prima metà del XV sec.), immagina la Tebaide (clicca per ingrandire):
Come il pittore Beato Angelico (prima metà del XV sec.), immagina la Tebaide (clicca per ingrandire):
Il Monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai (VI sec.), Egitto:
E vi ho parlato anche di lui: Simeone lo stilita - e la chiesa sorta attorno alla colonna su cui visse per trentasette anni (in Siria):
I monaci irlandesi: grandi evangelizzatori, ma non è che vivessero esattamente nel lusso, guardate qui:
Gallarus Oratory, Penisola di Dingle, Irlanda
Centro monastico dell'Isola di Skellig Michael, Irlanda
Qualche notizia su Brandano, monaco e navigatore (cliccare sull'immagine).
E, per passare a tempi più recenti (XI secolo), i monasteri delle Meteore nel Nord della Grecia:
giovedì 12 aprile 2012
Le guerre persiane
Per coloro che sono interessati ad approfondire le guerre persiane sotto il profilo strategico-militare, ecco alcune proposte:
I Guerra Persiana:
- La battaglia di Maratona
- La leggenda di Fidippide (1 e 2)
II Guerra Persiana:
- Il ponte di barche sull'Ellesponto
- Il "Canale di Serse"
- La battaglia delle Termopili
- La battaglia di Salamina
- La battaglia di Platea
Documento: il racconto, fatto dallo storico Erodoto (Storie, lib.VII),della costruzione del ponte di barche sull'Ellesponto e del taglio del Canale di Serse nella Penisola Calcidica.
<< 22) [...] poiché la prima spedizione era incappata in un naufragio
nel periplo dell'Athos, da circa tre anni Serse si premuniva contro l'Athos.
Triremi erano all'àncora a Eleunte nel Chersoneso, e a partire da lì
uomini di varia provenienza tratti dall'esercito, scavavano, sotto le
fruste, dandosi i turni; e scavavano anche gli abitanti dell'Athos.
Bubare, figlio di Megabazo, e Artachea, figlio di Arteo, dirigevano i
lavori. L'Athos è un monte alto e famoso, che si protende in mare, e
abitato. Nel punto in cui la montagna termina nel continente ha
l'aspetto di una penisola, con un istmo di circa dodici stadi: dal mare
degli Acanti al Mare di fronte a Torone si stende una pianura, con
colline non alte. In questo istmo, dove termina l'Athos, sorge la città
greca di Sane; le città abitate al di qua di Sane, entro i limiti dell'Athos,
il Persiano si apprestava a renderle isolane da continentali che erano:
si tratta di Dio, Olofisso, Acrotoo, Tisso, Cleone. Queste le città che
occupano l'Athos.
23) Ed ecco come i barbari, distribuitasi l'area nazione per nazione,
procedevano nello scavo. Avevano tracciato una linea retta a partire da
Sane; quando la fossa diventava profonda, un primo gruppo scavava in
basso, un secondo passava il materiale di volta in volta estratto ad
altri che stavano sopra, su un gradino, costoro ad altri ancora e così
via, finché si arrivava agli operai in cima; questi lo portavano via e
lo disperdevano. A tutti gli scavatori, fuorché ai Fenici, le pareti
del fossato causavano doppia fatica; doveva capitargli una cosa del
genere, visto che facevano di uguale larghezza l'apertura superiore e il
fondo della fossa. Invece i Fenici diedero prova anche in questa
circostanza dell'astuzia che dimostrano in ogni campo: quando ebbero il
settore assegnato, scavarono la bocca del canale doppia di quanto il
canale stesso avrebbe comportato e procedendo nel lavoro continuavano a
restringerla: il loro taglio, arrivato in fondo, risultò largo come
quello degli altri. Vi è là un porto dove impiantarono un mercato e un
emporio; farina di grano in abbondanza arrivava loro dall'Asia.
24) A pensarci bene trovo che Serse ordinò lo scavo del canale per mania di
grandezza, volendo ostentare potenza e lasciare memoria di sé. In
effetti, benché avessero la possibilità, senza alcuna fatica, di
trascinare le navi attraverso l'istmo, impose l'apertura di un varco
sino al mare largo tanto da permettere il passaggio di due triremi
affiancate spinte a forza di remi. Agli stessi ai quali era stato
comandato di tagliare l'istmo, fu ordinato anche di unire con un ponte,
come sotto un giogo, le due rive del fiume Strimone.
[...]
34) Partendo dunque da Abido in direzione di questo tratto di costa,
costruivano i ponti secondo gli ordini, i Fenici con funi di lino
bianco, gli Egiziani con funi di papiro. Ci sono sette stadi da Abido
alla costa di fronte. E quando il braccio di mare era stato ormai
aggiogato, sopraggiunse una violenta tempesta, si abbatté su tutte
quelle opere e le disfece.
35) Serse, come lo seppe, adirato con l'Ellesponto, diede ordine di
infliggergli trecento colpi di frusta e di tuffare in acqua un paio di
ceppi. E ho pure sentito dire che assieme a costoro inviò dei
marchiatori a bollare l'Ellesponto. Ordinò poi di pronunciare, mentre
lo fustigavano, le seguenti barbare e insolenti parole: "Acqua
proterva, il tuo signore ti infligge questa pena, perché lo hai offeso
senza aver da lui ricevuta alcuna offesa. Re Serse ti varcherà che tu
lo voglia o no. A te nessun uomo offre sacrifici, ed è giusto: perché
sei un fiume melmoso e salmastro". Il mare ordinò di punirlo così,
e a chi sovrintendeva alla costruzione del ponte sull'Ellesponto fece
tagliare la testa.
36) Eseguivano gli ordini coloro ai quali spettava questo spiacevole compito, e
intanto altri ingegneri congiunsero le due rive. Le unirono così:
legarono assieme penteconteri e triremi, 360 dalla parte del Ponto
Eusino, 314 dall'altra, obliquamente rispetto al Ponto ma secondo la
corrente dello stretto, affinché questa mantenesse in tensione le funi;
dopodiché gettarono ancore enormi, sia verso il Ponto, per via dei
venti che soffiano dal largo, sia verso ovest e l'Egeo contro i venti di
Zefiro e Noto. In tre punti fra le penteconteri lasciarono un varco di
passaggio, perché volendo, con imbarcazioni leggere, si potesse tanto
navigare verso il Ponto che dal Ponto entrare nello stretto. Ciò fatto,
da terra tesero i cavi avvolgendoli intorno ad argani di legno senza più
separare l'impiego delle funi, ma destinando a ciascun ponte due cavi di
lino bianco e quattro di papiro. Identici erano lo spessore e la
bellezza delle funi, ma in proporzione quelle di lino erano più grevi:
pesavano un talento per cubito. Una volta congiunte le due rive,
segarono dei tronchi di legno in misura pari alla larghezza della
struttura portante e li posarono in fila sopra i cavi in tensione;
allineatili uno accanto all'altro, li fissarono, di nuovo, insieme.
Infine vi misero sopra fascine di legna, che distribuivano anch'esse,
per bene, e terra sopra le fascine: pressarono la terra e sui due lati
del ponte alzarono uno steccato, perché gli animali e i cavalli non si
spaventassero a vedere sotto di sé il mare>>.
domenica 26 febbraio 2012
Sparta e la falange oplitica
Per coloro che sono interssati alla strategia e alla storia militare, ho trovato alcune interessanti pagine web:
Buona lettura!
Buona lettura!
sabato 25 febbraio 2012
Un po' di poesia
S'io fossi foco di Cecco Angiolieri nella versione musicata da Fabrizio De André...
...e Er giorno der giudizzio di Giuseppe Gioacchino Belli interpretato da Vittorio Gassman.
...e Er giorno der giudizzio di Giuseppe Gioacchino Belli interpretato da Vittorio Gassman.
mercoledì 8 febbraio 2012
I racconti del terrore di Edgar Allan Poe
Per la 1^A/A.F.M .e la 1^B/S.I.A.
Per iniziare il percorso di lettura sul genere horror, vi propongo dieci racconti del grande scrittore inglese Edgar Allan Poe (che abbiamo già conosciuto come "padre" del poliziesco per il suo racconto I delitti della rue Morgue). I testi che ho scelto sono i seguenti:
Per iniziare il percorso di lettura sul genere horror, vi propongo dieci racconti del grande scrittore inglese Edgar Allan Poe (che abbiamo già conosciuto come "padre" del poliziesco per il suo racconto I delitti della rue Morgue). I testi che ho scelto sono i seguenti:
- Il gatto nero
- La caduta della Casa Usher
- La sepoltura prematura
- Il cuore rivelatore
- Una discesa nel Maelstrom
- Il barile di Amontillado
- Ligeia
- Il pozzo e il pendolo
- La cassa oblunga
- La mascherata della Morte Rossa.
Poe ha scritto decine di racconti, ed è facile reperirli, di solito con il titolo di Racconti del terrore o Racconti del mistero, dell'incubo e del terrore, in biblioteca, in libreria, come e-book (trovate qualcosa qui) o semplicemente navigando in rete (io ho trovato questi, questi e questi altri). Su YouTube ho trovato anche una bella lettura dei racconti, tutta da ascoltare: il primo racconto è La mascherata della Morte Rossa, purtroppo non c'è un elenco completo dei testi che vengono letti, ma se inserite nel motore di ricerca di YouTube il titolo del racconto che vi interessa lo trovate quasi certamente: ad esempio, ce ne sono alcuni letti e interpretati dal grande attore Giancarlo Giannini (che non si limita a Poe, ma vi propone anche testi di altri autori come Maupassant e Conan Doyle).
Quando scegliete il libro, fate attenzione a due particolari:
- poiché i diritti d'autore sono scaduti, esistono moltissime edizioni diverse, con traduzioni differenti, più o meno recenti; se vi trovate in difficoltà nella lettura (parole desuete, uso particolare di verbi e pronomi), è possibile che abbiate scelto una traduzione vecchiotta: in quel caso, non spaventatevi e cercatene una più recente (controllate il colophon nelle prime o ultime pagine);
- che siano presenti tutti i racconti indicati nell'elenco.
A questo proposito, ho fatto una breve ricerca su Amazon.it e ho trovato almeno cinque edizioni diverse (a prezzi compresi tra i 7 e i 18€) che contengono tutti i racconti scritti da Poe (Cliccando, potete vedere l'immagine della copertina):
E.A.Poe, I racconti (1831-1849), Einaudi tascabili.
E.A.Poe, Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore. Ediz. integrale, Newton Grandi tascabili economici
E.A.Poe, Tutti i racconti, le poesie e «Gordon Pym». Ediz. integrale, Newton I mammut
E.A.Poe, Racconti, Oscar Mondadori
E.A.Poe, Racconti, BUR Radici
Naturalmente, se dopo aver letto i dieci racconti obbligatori avete voglia di proseguire con altri, va benissimo!
Una piccola noterella: i racconti di Poe hanno ispirato moltissimi registi, fin dagli albori del cinema; i risultati sono ovviamente diversissimi tra loro. Uno dei film giustamente più celebri è questo La caduta della Casa Usher (che si ispira però anche ad altri racconti dell'autore, come Ligeia) del regista francese Jean Epstein, che risale addirittura al 1928 ed è quindi muto e sottotitolato (ho inserito la versione originale, francese; su YouTube c'è anche una versione con i sottotitoli italiani, ma sono spesso "tagliati" dall'inquadratura, così come le immagini).
martedì 17 gennaio 2012
Il "Visconte dimezzato" di Italo Calvino
Due filmati in cui Italo Calvino (primo filmato) e il professor Marco Belpoliti (secondo filmato) parlano del Visconte Dimezzato, ma non solo...
Aggiornamento del 24 gennaio: sotto i filmati, in formato .pdf, l'estratto sul Visconte Dimezzato dalla Prefazione di Calvino alla prima edizione in volume de I nostri antenati (1960).
Aggiornamento del 24 gennaio: sotto i filmati, in formato .pdf, l'estratto sul Visconte Dimezzato dalla Prefazione di Calvino alla prima edizione in volume de I nostri antenati (1960).
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